Arriva lo sblocco dei licenziamenti, ma non per tutti

Decreto lavoro e imprese, arriva lo sblocco dei licenziamenti, ma non per tutti

Il Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2021 ha approvato il decreto legge recante misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese. 

Il decreto lavoro e imprese contiene importanti novità in merito alla cassa integrazione e al blocco dei licenziamenti in linea con l’avviso comune raggiunto da Governo e sindacati.

Il decreto legge è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale nella stessa giornata (decreto legge 30 giugno 2021, n. 99)  ed è in vigore dal 30 giugno 2021.

Settori esclusi

Nell’intenzione di favorire l’utilizzo degli ammortizzatori sociali e di scongiurare licenziamenti, si prevede uno spartiacque per la proroga del blocco dei licenziamenti basato sul criterio dell’appartenenza dell’impresa ad uno dei settori produttivi “in crisi” tra quelli del tessile, della moda e del calzaturiero. Per questi comparti, a partire dal 1° luglio, sono previste altre 17 settimane di cassa integrazione Covid-9, scontata del contributo addizionale, a condizione che non si proceda a licenziamenti.

In particolare, il decreto legge n. 99 del 2021, all’articolo 4, prevede che i datori di lavoro, identificati, secondo la classificazione delle attività economiche Ateco2007, con i codici 13, 14 e 15, a decorrere dal 1° luglio 2021, possano sospendere o ridurre l’attività lavorativa ricorrendo, per i lavoratori in forza alla data del 30 giugno 2021 (data di entrata in vigore del decreto n. 99 del 2021), ad ulteriori 17 settimane (durata massima) di Cassa di integrazione salariale ordinaria COVID 19  (articoli 19 e 20 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) per il periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021.

I datori di lavoro dei settori summenzionati che fanno ricorso all’integrazione salariale ordinaria COVID 19 senza contributo addizionale, fino al 31 ottobre 2021, non possono:

  • avviare procedure di licenziamento collettivo (articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223). Restano sospese anche le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.
  • indipendentemente dal numero dei dipendenti, recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Restano, altresì, sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge. 

Sono fatte sale le deroghe al divieto di licenziamento solitamente previste dal legislatore emergenziale.

Settori non esclusi

Nel decreto legge n. 99 del 2021 infine, si prevede che, anche per fronteggiare situazioni di particolare difficoltà economica presentate al Ministero dello sviluppo economico, ai datori di lavoro privati che rientrano nel campo di applicazione della Cassa integrazione ordinaria e che non possono ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale  di cui al  decreto  legislativo 14 settembre 2015, n. 148 sia riconosciuto un trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga agli articoli 4, 5 e 22 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, per un massimo di 13 settimane e fruibili fino al 31 dicembre 2021.

Ai datori di lavoro che ricorrono all’ulteriore trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga si applica per tutto il periodo di fruizione del trattamento il divieto di licenziamento secondo le regole e le deroghe indicate nel paragrafo precedente.

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